giovedì 27 agosto 2009


Giovanni Verga

Giovanni Carmelo Verga (Catania, 2 settembre 1840Catania, 27 gennaio 1922) è stato uno scrittore italiano, considerato il maggior esponente della corrente letteraria del verismo.

Biografia

Giovanni Verga nacque il 29 agosto 1840 a Tiepidi, una contrada del paese di Vizzini (CT). Il padre, Giovanni Battista, era di Vizzini, dove la famiglia Verga aveva delle proprietà, e discendeva dal ramo cadetto di una famiglia alla quale appartenevano i baroni di Fontanabianca; la madre si chiamava Caterina Di Mauro e apparteneva ad una famiglia borghese di Catania. Il piccolo Giovanni fu registrato all'anagrafe di Catania, tuttavia alcuni sostengono che sia nato in contrada Tiepidi, nel territorio di Licodia Eubea nei pressi di Vizzini, dove la famiglia si trovava per evitare l'epidemia di peste che affliggeva Catania. Verga due anni dopo aver ricevuto la nomina di senatore muore a Catania nel 1922[1].

Gli studi e la prima formazione

Verga ricevette una buona istruzione: compiuti gli studi primari e medi si iscrisse alla scuola di Antonino Abbate, scrittore, fervente patriota e repubblicano, dal quale assorbì il gusto letterario romantico ed il Patriottismo.
Abbate faceva leggere ai suoi allievi le opere di Dante, Petrarca, Ludovico Ariosto, Torquato Tasso, Vincenzo Monti, Manzoni e pagine dell'Estetica di Hegel; inoltre proponeva anche il romanzo storico-patriottico I tre dell'assedio di Torino (scritto nel 1847) del poeta catanese Domenico Castorina, che era lontano parente di Verga.


I primi romanzi storico-patriottici

La formazione del Verga narratore avvenne sulle pagine di Castorina e su "Il Progresso e la Morte" dell'Abbate e a soli quindici anni, tra il 1856 ed il 1857, Verga scrisse il suo primo romanzo d'ispirazione risorgimentale "Amore e patria" rimasto inedito.
I suoi studi superiori non furono regolari. Iscrittosi nel 1858 alla Facoltà di legge all'Università di Catania, non terminò i corsi, preferendo dedicarsi all'attività letteraria e al giornalismo politico.
Con il denaro datogli dal padre per concludere gli studi, il giovane pubblicò a sue spese il romanzo "I carbonari della montagna" (1861- 1862), un romanzo storico che si ispira alle imprese della Carboneria calabrese contro il dispotismo napoleonico di Murat.
Con l'arrivo di Garibaldi a Catania veniva istituita la Guardia Nazionale e il Verga si arruolava prestando servizio per circa quattro anni, ma non avendo inclinazioni per la disciplina militare se ne liberò con un versamento di 3100 lire (equivalenti a circa 12700 euro attuali) alla Tesoreria Provinciale.
Nel 1863 pubblicò a puntate sulle appendici della rivista fiorentina "La nuova Europa" il suo terzo romanzo, "Sulle lagune", nel periodo in cui, ottenuta ormai l'Italia l'indipendenza, Venezia è ancora sotto la potenza austriaca.
Il romanzo narra la vicenda sentimentale di un ufficiale austriaco con una giovane veneziana in uno stile severo e privo di retorica. Entrambi innamorati della vita finiranno per morire insieme.Verga lavorò frequentemente anche ad Acitrezza ed Acicastello.

Opere e poetica

L'attività letteraria del Verga, dopo le prime opere giovanili e senza rilievo, può essere divisa in due fasi: una prima dove egli studiò l'alta società e gli ambienti artistici, unendo residui romantici e modi scapigliati con la tendenza generica a una letteratura "vera" e "sociale" e una seconda che può propriamente essere definita quella verista.


I Malavoglia

I Malavoglia è il titolo del romanzo più conosciuto dello scrittore siciliano Giovanni Verga, pubblicato nel 1881.
Il romanzo narra la storia di una famiglia di pescatori che vive e lavora ad Aci Trezza, un piccolo paese siciliano nei pressi di Catania. Il romanzo ha un'impostazione corale, e rappresenta personaggi uniti dalla stessa cultura ma divisi dalle loro diverse scelte di vita, soverchiate comunque da un destino ineluttabile.
Lo scrittore adotta la tecnica dell'impersonalità, riproducendo alcune caratteristiche del dialetto e adattandosi quanto più possibile al punto di vista dei differenti personaggi, rinunciando così all'abituale mediazione del narratore.
L'opera va inserita nel Ciclo dei vinti, insieme a Mastro-don Gesualdo e a La Duchessa de Leyra, opere che affrontano il tema del progresso, visto dal punto di vista degli "sconfitti" di ogni strato sociale. La Duchessa de Leyra rimase solo abbozzato, mentre altri due romanzi previsti nel Ciclo (L'Onorevole Scipioni e L'uomo di lusso) non vennero neppure iniziati.

Trama

Presso il paese di Aci Trezza, nel catanese, vive la famiglia Toscano che, nonostante sia decisamente laboriosa, viene soprannominata (per antifrasi) Malavoglia. Il patriarca è Padron 'Ntoni, vedovo, che vive presso la casa del nespolo insieme al figlio Bastiano (detto Bastianazzo, nonostante sia di statura tutt'altro che elevata), quest'ultimo sposato con Maria (detta Maruzza la Longa). Bastiano ha cinque figli: 'Ntoni, Luca, Filomena (detta Mena), Alessio (detto Alessi) e Rosalia (detta Lia). Il principale mezzo di sostentamento è la "Provvidenza", una piccola imbarcazione utilizzata per la pesca. Nel 1863 'Ntoni, il maggiore dei figli, parte per la leva militare. Per far fronte alla mancanza, Padron ‘Ntoni tenta un affare comprando una grossa partita di lupini - peraltro avariati - da un suo compaesano, chiamato Zio Crocifisso per via delle sue continue lamentele e del suo perenne pessimismo. Il carico viene affidato al figlio Bastianazzo perché vada a venderlo a Riposto, ma egli perderà tutta la merce durante un naufragio, e con essa anche la vita. A seguito di questa sventura, la famiglia si ritrova con una triplice disgrazia: il debito dei lupini, la Provvidenza da riparare e la perdita di Bastianazzo e quindi di un membro importante della famiglia. Finito il servizio militare, 'Ntoni torna molto malvolentieri alla vita laboriosa della sua famiglia, e non rappresenta alcun sostegno per la già precaria situazione economica del nucleo familiare.
Purtroppo, le disgrazie per la famiglia non terminano. Luca, uno dei nipoti, muore nella battaglia di Lissa (1866), e questo determina la rottura del fidanzamento di Mena con Brasi Cipolla. Il debito causerà alla famiglia la perdita dell'amata Casa del nespolo, e via via la reputazione della famiglia andrà peggiorando fino a raggiungere livelli umilianti. Un nuovo naufragio della "Provvidenza" porta Padron 'Ntoni ad un passo dalla morte, dalla quale, fortunatamente, riesce a scampare. In seguito Maruzza, la nuora, muore di colera. Il primogenito 'Ntoni decide di andare via dal paese per far ricchezze, ma, una volta tornato ancora più impoverito, perde ogni desiderio di lavorare, dandosi all'alcolismo ed all'ozio. La partenza di 'Ntoni costringe la famiglia a vendere la Provvidenza per accumulare denaro al fine di riacquistare la casa del nespolo, mai dimenticata. La padrona dell'osteria Santuzza, già ambita dallo sbirro Don Michele, a causa dei numerosi intrallazzi di quest'ultimo, si invaghisce di 'Ntoni, mantenendolo gratuitamente all'interno del suo locale. La condotta di 'Ntoni e le lamentele del padre la convinceranno a distogliere le sue aspirazioni dal ragazzo, e a richiamare Don Michele all'osteria. Ciò sarà origine di una rissa tra i due; rissa che sfocerà in una coltellata di 'Ntoni al petto di Don Michele durante una retata anti contrabbando alla quale il Malavoglia si era dato. 'Ntoni finirà dunque in prigione. Padron 'Ntoni, accorso al processo e sentite le voci circa una relazione tra Don Michele e sua nipote Lia, stramazza al suolo. Ormai vecchio, il suo salmodiare si fa sconnesso e i suoi proverbi pronunciati senza cognizione di causa. Lia, la sorella minore, vittima delle malelingue, lascia il paese e si abbandona all'umiliante mestiere della prostituta. Mena, a causa della vergognosa situazione della sorella, sceglie di rinunciare a sposarsi con compare Alfio, di cui è innamorata, e rimarrà in casa ad accudire i figli di Nunziata e di Alessi, il minore dei fratelli, che continuando a fare il pescatore ricostruirà la famiglia e potrà ricomprare la "casa del nespolo". Acquistata la casa, ciò che resta della famiglia farà visita all'ospedale al vecchio Padron 'Ntoni, per informarlo della compravendita e annunciargli un suo imminente ritorno a casa. Sarà l'ultima gioia per il vecchio, che morirà proprio nel giorno del suo agognato ritorno. Neanche il desiderio di morire nella casa dov'era nato sarà dunque esaudito. Quando 'Ntoni, uscito di prigione, ritornerà al paese, si renderà conto di non poter restare a causa del suo passato, in cui si è auto-escluso dal nucleo familiare rinnegando sistematicamente i suoi valori.

L'opera

Tutta la storia si svolge alla fine dell' 800 ad Aci Trezza, piccolo paese della Sicilia. Si può dividere l'intera opera fondamentalmente in tre parti:
La prima parte (capitoli I-IV) inizia con la presentazione dei Toscano, in ordine di età, quindi si accenna alla partenza di 'Ntoni per il servizio militare e, soprattutto, sono trattati lo sfortunato affare dei lupini e la morte di Bastianazzo; i funerali di questo sono l'occasione, per Verga, di presentare i principali concittadini dei Toscano.
La seconda parte (capitoli V-IX) narra di diversi episodi, ma il principale è costituito dal debito causato dai lupini e dal tentativo dei Toscano di saldarlo senza rinunciare alla casa; infine, vista l'inutilità di tali tentativi, il trasferimento nella casa del beccaio.
La terza ed ultima parte inizia dopo un capitolo di transizione (il X), in cui 'Ntoni vorrebbe andare in una città a far fortuna; lo farà poi, approfittando della morte della Longa, la quale era contraria alla sua partenza. Quindi inizia la terza parte vera e propria (capitoli XI-XV), che narra di Padron 'Ntoni costretto a vendere la barca ed a recarsi da Padron Cipolla, del ritorno di 'Ntoni più povero di prima che, infine, vive da contrabbandiere. 'Ntoni accoltella don Michele; L'avvocato di 'Ntoni però getta discredito sulla famiglia rivelando una presunta relazione tra Don Michele e la Lia, che fuggirà verso la città. Il nonno cade in uno stato di depressione e 'Ntoni finisce in prigione. Alla fine sono narrati i destini dei membri della famiglia.

L'ambiente

L'ambientazione è molto importante per il continuo della vicenda: infatti, quello che fa da sfondo al racconto è un paese con attività agricole o marittime di scarsa entità, volte alla sopravvivenza più che all'arricchimento dei privati che le praticano, in linea con un sistema economico arretrato ed antitetico ai precetti borghesi.

I personaggi

I personaggi, a causa della loro condizione, sono imprigionati in una fascia economica da cui è impossibile uscire: è la politica chiusa di tutto il Sud Italia di quel periodo.
Il mondo ad Aci Trezza non cambia, e non cambierà nonostante le vicende dei Malavoglia: a testimonianza di questo aspetto, Giovanni Verga applica uno stile ripetitivo nella parte finale del racconto per creare l'idea di reiterazione nella mente del lettore. L'autore vuole insegnarci che il progresso travolge le classi più umili, ancora legate ai valori arcaici, le quali soccombono perdendo le antiche usanze senza riuscire comunque ad adeguarsi alla società moderna. L'idea è quella di un progresso impossibile ed inattuabile.
Ogni personaggio viene chiamato con un nomignolo attribuitogli dal popolo, e la famiglia stessa veniva chiamata dai concittadini i Malavoglia. Verga usa così una serie di antifrasi, per le quali il soprannome attribuito a ciascun personaggio indica una caratteristica opposta a quella reale del personaggio. Ad esempio i Malavoglia sono così chiamati per la loro volontà e la loro voglia di lavorare per poter sanare i loro debiti ed elevare la loro condizione sociale.

Caratteristiche di alcuni personaggi secondari


Zio Crocifisso: detto anche "Campana di legno", è l' usuraio del paese, vecchio e avaro, protagonista di "negozi" e proprietario di barche e case. È zio della Vespa, con la quale si sposerà non per amore, ma per appropriarsi della sua chiusa; il matrimonio si rivelerà per lui un inferno, poiché la moglie dilapida in breve tempo il patrimonio da lui costruito in una vita interamente trascorsa ad accumulare denaro.
Compare Agostino Piedipapera: sensale di pochi scrupoli, zoppo, immischiato nella vicenda del contrabbando. Si rende responsabile, assieme allo zio Crocifisso, della rovina economica dei Malavoglia, fingendo di acquistare il credito che Padron 'Ntoni deve al vecchio usuraio e poter così far uscire la famiglia dalla casa del nespolo. È sposato con Grazia Piedipapera, donna pettegola ma sensibile ai problemi dei Malavoglia.
La Locca: sorella dello zio Crocifisso, vedova, è una vecchia demente e fuori di senno, che vaga perennemente per il paese alla ricerca del figlio Menico, morto in mare sulla Provvidenza assieme a Bastianazzo ed al carico di lupini. È madre di un altro ragazzo che non viene mai nominato, e che è sempre chiamato "figlio della Locca". Dopo l'arresto di quest'ultimo, viene mandata all'ospedale dei poveri.
Alfio Mosca: onesto lavoratore, possiede un asino e un mulo, ed ha la sua ambizione lavorativa. Si innamora di Mena, che ricambia, ma i due non possono sposarsi perché Alfio è povero, e per convenienza Mena tenterà invece il matrimonio con Brasi Cipolla. Alfio tornerà ad Aci Trezza 8 anni dopo la sua partenza.
Luca: secondogenito di Bastianazzo e La longa, è più responsabile di 'Ntoni e degli altri fratelli. Muore nella tragica battaglia di Lissa.

La visione pessimistica

Nel romanzo vi è una sorta di visione pessimistica della vita da parte dell'autore: egli sottolinea il fatto che le disgrazie debbano essere subite passivamente e vengano una dopo l'altra per affondare le sorti di una famiglia intera. Quella in questione, è una famiglia di tipo patriarcale con due capisaldi: Padron ‘Ntoni e l'imbarcazione "La Provvidenza".
Il primo è il senex, il galantuomo, custode della saggezza; si ricordino, a tal proposito, i tantissimi proverbi sciorinati in ogni momento. È possibile ipotizzare che l'autore, attraverso queste manifestazioni della cultura del popolo, esprima il proprio giudizio e le proprie opinioni: egli comunica con il lettore attraverso i detti e le sentenze.
La seconda, la barca, è la fonte di guadagno, simbolo della vita: in essa sono racchiuse le speranze di una buona pesca.

Temi principali

I temi principali sono: gli affetti familiari e le "prime irrequietudini per il benessere" (cfr. Prefazione). Come anticipato nella novella Fantasticheria, emerge il cosiddetto ideale dell'ostrica: i personaggi che, tentando di migliorare le proprie condizioni economiche, combattendo una continua lotta per la sopravvivenza (darwinismo sociale), si allontanano dal modello di vita consueto e finiscono male (come 'Ntoni e Lia). Soltanto quelli che si adattano alla loro condizione possono salvarsi (è il caso di Alessi e di Mena).

La famiglia

Giovanni Verga torna più e più volte su un tema preciso: quello dell'attaccamento alla famiglia, al focolare domestico, alla casa; è facile comprendere, quindi, i sentimenti di amarezza e dolore di chi è costretto a vendere la propria abitazione per pagare i debiti di un affare sfortunato, come nel caso dei Malavoglia. Per i Malavoglia la "roba" consiste nella Provvidenza e nella casa del nespolo. Quando entrambe si perdono, i membri della famiglia sentono di aver perduto le radici stesse della loro esistenza. Solo alla fine del romanzo, Alessi riesce a recuperare la casa e con essa il legame con il passato e gli affetti familiari.

L'economia

Giovanni Verga riprende più volte il discorso economico, anche nelle tragedie familiari. Quando ad esempio muore Bastianazzo, la prima ed ultima cosa che si dice che la barca era carica di lupini: quindi il fattore economico è molto importante. Inoltre, Verga vuole sottolineare la differenza tra la malizia del popolo e la famiglia operosa. Difatti è il popolo a pensare che Padron 'Ntoni si preoccupi dei lupini, quando quest'ultimo è afflitto per il figlio. I Malavoglia per tutto il romanzo sono tesi a recuperare la condizione economica iniziale, od a migliorarla. L'economia del paese è chiusa e di tipo feudale: le classi sociali sono immobili e non è lasciata nessuna possibilità alla libera iniziativa (come dimostra l'investimento nei lupini avariati).

Lo stile

Nello stile di Verga bisogna ricordare la frequenza dei dialoghi. Mescolando il discorso diretto, quello indiretto e il discorso indiretto libero, il Verga assume nella lingua italiana modi tipici del parlato siciliano, avvicinandovisi con intenti veristi. Questo stile narrativo ci permette di identificare i personaggi del romanzo come esseri inseparabili dal proprio paese e dalla propria casa. Contemporaneamente, la coralità del parlato permette allo scrittore di non comparire mai in primo piano con i propri giudizi, lasciando campo libero alle interpretazioni proprie del lettore, posto di fronte ad un fatto oggettivo.
Opere e poetica

L'attività letteraria del Verga, dopo le prime opere giovanili e senza rilievo, può essere divisa in due fasi: una prima dove egli studiò l'alta società e gli ambienti artistici, unendo residui romantici e modi scapigliati con la tendenza generica a una letteratura "vera" e "sociale" e una seconda che può propriamente essere definita quella verista.

La nascita

Il Verismo nasce sotto la diretta influenza del clima del positivismo, quell'assoluta fiducia nella scienza, nel metodo sperimentale e negli strumenti infallibili della ricerca che si sviluppa e prospera dal 1830 fino alla fine del XIX secolo. Inoltre, il Verismo si ispira in maniera evidente al Naturalismo, un movimento letterario diffuso in Francia (metà ottocento).
Si sviluppa a Milano, la città dalla vita culturale più feconda, in cui si raccolgono intellettuali di regioni diverse; le opere veriste però rappresentano soprattutto le realtà sociali dell'Italia centrale, meridionale e insulare. Così la Sicilia è descritta nelle opere di Giovanni Verga, di Luigi Capuana e di Federico de Roberto; Napoli in quelle di Matilde Serao e di Salvatore di Giacomo; la Sardegna nelle opere di Grazia Deledda; Roma nelle poesie di Cesare Pascarella; la Toscana nelle novelle di Renato Fucini.
Il primo autore italiano a teorizzare il verismo fu Luigi Capuana, il quale teorizzò la "poesia del vero"; in seguito tuttavia Verga, che dapprima era collocabile nella corrente letteraria tardoromantica (era stato soprannominato il poeta delle duchesse e aveva un successo notevole) intraprese la strada del verismo con la raccolta di novelle Vita dei campi e infine col primo romanzo del Ciclo dei Vinti, I Malavoglia, nel 1881. In Verga e nei veristi, a differenza del naturalismo, convive comunque il desiderio di far capire al lettore il proprio punto di vista sulla vicenda, pur non svelando opinioni personali nella scrittura.
Tecniche

Per approfondire

Una caratteristica distintiva del verismo rispetto ad altre tecniche narrative, è l'utilizzo del principio dell'impersonalità, tecnica che, come mostra il Verga, consente all'autore di porsi in un'ottica di distacco nei confronti dei personaggi e dell'intreccio del racconto. L'impersonalità narrativa è propria di una narrazione distaccata, rigorosamente in terza persona e, ovviamente, in chiave oggettiva, priva, cioè, di commenti o intrusioni d'autore che potrebbero, in qualche maniera, influenzare il pensiero che il lettore si crea a proposito di un determinato personaggio o di una determinata situazione. Il verismo, come si vede in Verga – si interessa molto delle questioni socio-culturali dell'epoca in cui vive e si sviluppa. In Giovanni Verga, per esempio, ritroviamo in molte opere la questione della situazione meridionale, dei costumi e delle usanze, del modo di vivere assai diverso rispetto a quelli del nord Italia.
Secondo Verga, non è possibile che un personaggio di umili origini riesca in qualche modo, per quanto esso valga, a riemergere da quella condizione in cui è nato ("concetto dell'ostrica"). Non è possibile che un povero diventi ricco. In questo caso vi è la consueta eccezione narrativa nella novella La roba, in cui il povero e umile contadino Mazzarò riesce a divenire ricco, grazie al suo impegno. Ma anche giunto a una condizione relativamente benestante, o quanto meno comoda, il personaggio non potrà mai vivere tranquillamente, non potrà mai integrarsi in quello che si definisce l'ambiente alto-borghese, proprio perché egli non vi appartiene di nascita. Questo principio triste e sconsolante ha come soggetto narratori popolari, quasi sempre contadini o artigiani, che spiegano a modo loro la vicenda, talvolta usando espressioni gergali. Gli autori veristi, in particolare Verga, tendono ad usare un linguaggio non colto, che si caratterizza per l'assenza di segni grammaticali, celebre è anche l'artificio di regressione. È da citare, da ultimo, il principio della concatenazione e della concatenazione opposta; il primo consiste nel porre a poca distanza parole di significato analogo, il secondo di mettere una parola e subito dopo il suo contrario. Si termina con la ripetizione narrativa, la quale, come si capisce, privilegia le ripetizioni.
Bibliografia

Romanzi
Amore e Patria (1856-1857)
I Carbonari della Montagna (1861-1862)
Sulle lagune (1862-1863)
Una peccatrice (1866)
Storia di una capinera (1869)
Eva (1873)
Eros (1875)
Tigre reale (1875)
I Malavoglia (1881)
Il marito di Elena (1882)
Mastro Don Gesualdo (1889)
Dal tuo al mio (1905)

Novelle
Nedda (1874)
Libertà (1882)


Primavera e altri racconti
Primavera
La coda del diavolo
X
Certi argomenti
Le storie del castello di Trezza
Vita dei campi (1880)
Cavalleria rusticana
Pentolaccia
Guerra di santi
L'amante di Gramigna
Rosso Malpelo
Jeli il pastore
Fantasticheria
La lupa
Il come, il quando ed il perché
Vagabondaggio (1887)
Vagabondaggio
Il maestro dei ragazzi
Un processo
La festa dei morti
Artisti da strapazzo
Il segno d'amore
L'agonia di un villaggio
...E chi vive si dà pace
Il bell'Armando
Nanni Volpe
Quelli del colèra
Lacrymae Rerum

Opere e trasposizioni teatrali
I nuovi tartufi (1865-1866)
Rose caduche (1867)
L'onore I (1869)
L'onore II
Cavalleria rusticana (1884)
In portineria (1885)
La lupa (1886)
Dopo (1886)
Mastro Don Gesualdo (1889)
Cavalleria rusticana (1896)
La caccia al lupo (1901)
La caccia alla volpe (1901)
Dal tuo al mio (1903)